Frode in commercio, Made in Italy e delocalizzazioni

a cura di Giacomo Scortichini

Marchio d'origine e delocalizzazioni

Bisogna innanzi tutto premettere che il “made in Italy” è un marchio di origine che è ben altra cosa da un marchio di “provenienza”.
Infatti il “marchio d’origine” ci dice la Cassazione penale con sentenza n.13712 del 2005 “ è una locuzione riferibile alla produzione, fabbricazione o coltivazione del prodotto, mentre la “provenienza” è il luogo o soggetto che funge da intermediario tra produttori e acquirenti-consumatori.

Non è raro il fatto che il consumatore possa essere tratto in inganno da condotte fraudolente che operano nell’utilizzo del prestigioso “made in Italy” senza che in realtà il bene non venga prodotto, fabbricato o coltivato in Italia.

Cosa centrano le delocalizzazioni?
Sovente le delocalizzazioni entrano in tutto o in parte nella realizzazione di un determinato prodotto, il quale mantiene il suo “made in
Italy” per un parziale radicamento sul territorio, anche se parte della produzione, intesa nel senso di quantitativo e parte delle produzione, intesa come parzialità componentistica, avvenga in altri paesi dove i costi di del lavoro e/o una fiscalità risultano estremamente più vantaggiosi

L’articolo 515 del c.p. “Frode in commercio” stabilisce che, affinché il reato si realizzi, il prodotto consegnato deve essere “difforme” o “diverso”.

Gli elementi di “diversità” e “difformità” sono:

- Diversità per origine del prodotto concerne il luogo geografico di produzione di cose ; esistono prodotti che offrono all’acquirente garanzie per il solo fatto di essere state prodotte in quel determinato luogo;

- Difformità per qualità sussiste laddove tra la cosa dichiarata/pattuita e quella consegnata vi sia una differenza di pregio o di utilizzabilità.

Dunque è ipotizzabile che, in una economia sempre più globalizzata, le tutele del “made in Italy” non siano più sufficienti non solo a garantire il cittadino dalle possibili “diversità” e “difformità” dei beni, ma neanche a mantenere un giusto equilibrio economico- produttivo tra chi ha scelto di realizzare un prodotto “made in Italy” in Italia, assumendosi oneri e onori e chi potrebbe utilizzare un lavoro, anche parziale in altri paesi a minor costo, mantenendo comunque un marchio di origine così prestigioso come il “made in Italy”.

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