Presunzione di distribuzione di utili non dichiarati
a cura di Giacomo Scortichini
I costi indeducibili non generano utili occulti.
Attraverso il calcolo del “ bilancio di esercizio”, l’impresa oltre al “ patrimonio di funzionamento”,
che viene determinato attraverso l’inventario d’esercizio, determina il “reddito di esercizio”.
In questo ambito il legislatore ha agito sia in ambito fiscale, cercando di impedire la sopravvalutazione dei costi che abbatterebbe il reddito e dunque le imposte, che in ambito civilistico al fine di impedire il contenimento dei costi, che potrebbe accrescere il reddito e causare l’annacquamento di capitale, in caso di distribuzione di utile rilevato ma non prodotto.
Requisito fondamentale per la certezza e la determinazione dei costi sono il possesso di fatture o ricevute, fermo restando che non hanno rilevanza fiscale gli ammortamenti, le indennità, gli accantonamenti per rischi e oneri, in quanto essere costi stimati e congetturati.
Di contro il “ principio di certezza e determinabilità” non si applica ai ricavi che sono fiscalmente riconosciuti e dunque tassabili anche se presunti o sperati.
La sentenza del 2019 n. 1099/5 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale per il Veneto ci dice che solo i ricavi occulti, oppure i costi inesistenti generano un flusso monetario e pertanto la loro quantificazione può essere considerata una distribuzione di utili extrabilancio in capo ai soci, salvo la possibilità di dimostrare l’accantonamento o il reinvestimento, nel corso del medesimo anno di esercizio, di tali importi. La presunzione si fonda, come è agevole comprendere, sulla sostanziale “immedesimazione”, in società di questo tipo, dei soci persone fisiche con la società in quanto tale e quindi sulla “contiguità” delle risorse finanziarie societarie con quelle personali dei soci.
Ben altra cosa, spiegano i giudici, è la determinazione di costi indeducibili che pur comportando un accrescimento del reddito fiscale non crea una provvista finanziaria, cioè la condizione tale da poter essere considerata oggetto di distribuzione di utili occulti, in quanto la presunta “provvista in nero”, nel caso di specie, si riferisce a costi realmente sostenuti e opportunamente documentati per cui è da escludere un indebito arricchimento dei soci proprio per l’oggettiva impossibilità di creare una “provvista finanziaria” attraverso la determinazione di costi non deducibili.
Commenti
Aggiungi un commento