Non punibilità per reati tributari

a cura di Giacomo Scortichini

Reati tributari e non punibilità.

Come noto il superamento delle soglie di rilevanza penale trasformano in reati ciò che una identica condotta infedele sarebbe abbia potuto configurare un mero illecito.
Dunque è l'entità dell'importo sottratto all'erario a determinare la qualificazione e la misura della pena.

La Corte di Cassazione sez. penale n.42868 del 2013 intervenendo in materia di reati tributari ha affermato che la soglie di punibilità fissate dall’articolo 3 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sono elemento costitutivo del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, sicché la punibilità del contribuente è esclusa se quest’ultimo sia nella condizione di dimostrare di non aver avuto l’intenzione né di indicare elementi attivi per un ammontare inferiore rispetto a quello effettivo né di indicarli in misura superiore alla soglia di punibilità.

Da ciò emerge che le soglie di punibilità debbano essere investite dal dolo inteso come coscienza e volontà del superamento delle soglie di punibilità; fermo restando il fatto che a livello probatorio “ non possono ritenersi sufficienti mere enunciazioni di principio e un generico richiamo alle circostanze documentali e dichiarative emerse durante gli interrogatori sostenuti davanti al pubblico ministero e nel corso dello svolgimento dell’incidente probatorio”.

Un altro elemento che può configurare la non punibilità per i reati fiscali è la "particolare tenuità del fatto", principio applicabile a qualsiasi fattispecie criminosa.
Ritornando all’ambito dei reati tributari la Cassazione n.13681 del 2016, ci dice che in riferimento alle soglie il fatto di averle comunque superate, non esonera da una riflessione circa una efficacia interpretazione circa una gradualità del reato che ci riconduce all’intensità della colpevolezza.
Nessuna norma potrà mai porre elementi punitivi che non siano la sintesi di una mediazioni, di una ragionevole approssimazione; è qui che l’istituto della “ non punibilità per tenuità del fatto” trova la sua ragionevole applicazione, nel farci riflettere sul concetto di proporzionalità della pena, visto che l’aspetto sanzionatorio procede per proprio conto.
Un esempio molto eloquente potrebbe essere rappresentato anche dalla guida in stato di ebrezza, dove la semplice applicazione della norma non trova nessuna efficacia special-preventiva se non accompagnata da una approfondita valutazione dell’intensità della colpevolezza, dovendosi considerare non solo l’entità dello stato di ebrezza, per quanto doveroso, ma anche le modalità della condotta e l’entità del pericolo e del danno cagionato,
perché, ci dice la Cassazione, nessuna conclusione si può trarre in astratto.
Ed è per questo che ogni accadimento, illecito o delittuoso, deve essere contestualizzato all’interno di un quadro che includa, oltre la fattispecie criminosa, tutti gli elementi in grado di caratterizzare il livello di offensività del soggetto.

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