Prestanome della società e Amministratore di fatto.

a cura di Giacomo Scortichini

Riflessi penali e civili sul prestanome e l'amministratore di fatto.

Non di rado accade che una società, sia essa di persone o di capitale, venga amministrata da colui o coloro che non risultano esserne gli incaricati in forza delle nomine statutarie della società.
I motivi sono diversi ma perseguono sempre il medesimo fine, che è quello di oscurare, nascondere il reale amministratore della società, il cosiddetto “amministratore di fatto”.
Ma quali sono i motivi di questo artifizio?
A volte perché il vero amministratore vuole sfuggire dalle eventuali responsabilità penali o amministrative, a volte perché già condannato e inibito dall’esercizio di tale ruolo.
Insomma "l’amministratore di fatto” ha bisogna di trovare un “prestanome” una “testa di legno” da porre ai vertici della società, preferibilmente incensurato e con una scarsa consapevolezza, ma soprattutto disposto ad assumere il ruolo senza esercitarne le sue prerogative.

Tra le prime questioni che occorre affrontare in tema di responsabilità degli amministratori vi è l’individuazione del ruolo assunto dall’amministratore, egli infatti può essere:
1) “di fatto” (Soggetto non presente all’interno dell’asseto organizzativo societario)
2) “ amministratore consapevole dell’incarico con o senza deleghe”.
3) “ prestanome ignaro” formalmente incaricato.

Il prestanome Chi è

E’ colui che pur essendo formalmente incaricato all’amministrazione della società, ne è totalmente escluso in quanto il suo vero ruolo è quello di consentire a persone che non vogliono o non possono amministrare di svolgere la loro attività nell’ombra.
E per quanto riguarda le responsabilità penali che potrebbero interessarlo, diverse sentenze della Cassazione, alcune anche molto recenti, affermano che affinché il prestanome possa essere considerato penalmente responsabile, deve conoscere ed essere consapevole del comportamento illecito del soggetto che di fatto svolge le sue attività, utilizzando il suo nome.
La Cassazione si anche espressa circa la non punibilità del soggetto che avrebbe formalmente accettato l’incarico di amministratore per scopi “ amorevoli”, vale a dire per consentire ad una persona “affettivamente” vicina all’amministratore “di fatto” di esercitare un ruolo di direzione societaria allo stesso sconsigliabile o persino inibito.

Prestanome Responsabilità Civili

In ambito civile la figura del prestanome viene spesso impiegata per ricoprire il ruolo di socio, all'interno di società di persone o di capitali. E’ bene subito precisare che per quanto riguarda le “società di capitale” i debiti della società restano separati da quelli della persona giuridica, da ciò si può giungere a concludere che il prestanome di fatto non rischia nulla.
Sempre che lo stesso non abbia assunto delle obbligazioni a titolo personale; per fare chiarezza possiamo citare la funzione di garante di una “ fideiussione bancaria.

Se invece ci riferiamo a società di persone, dove a fronte di obbligazioni non onorate i soci rispondono sia con il capitale della società che con il proprio patrimonio, in questo caso il “prestanome” si scoprirà debitore per conto della società, dallo stesso “formalmente amministrata”, con tutto ciò che da questo discende come ipoteche, pignoramenti eccetera.

Prestanome Responsabilità Penale
In ambito penale la responsabilità del “ prestanome ignaro” assume un ,maggior rilievo e una maggiore complessità.
Secondo Cassazione, egli può essere ritenuto responsabile se ha contribuito, attraverso atti commissivi od omissivi, alla realizzazione dell'illecito o se è consapevole del fatto che il soggetto agisce "in suo nome" sta commettendo un reato.

La sentenza n. 7742/2018 ad esempio, in un caso di “ bancarotta fraudolenta” ha precisato infatti che: "la responsabilità dell'amministratore formale, che risulti solo un prestanome nasce dalla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che, a loro volta, derivano dalla accettazione della carica, cui però va aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta ma effettiva e concreta della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di procurare un ingiusto profitto a taluno." Stiamo dunque riferendoci ad un dolo eventuale.

In materia di reati fiscali, sempre la Cassazione, con sentenza n. 37359/2019, ha affermato che ai fini della condanna per evasione va provato il dolo specifico (nella fattispecie è stato assolta la “testa di legno " del fratello in assenza della prova del dolo specifico dell'evasione).

Non è condannabile il prestanome se lo fa per "affetto"
Della sentenza n. 9856/2019 abbiamo già precedentemente accennato . Essa si rivela in grande sintonia con le precedenti pronunce; infatti ci dice che un amministratore di diritto può essere ritenuto responsabile penalmente, solo una volta accertato i fatti e il modo in cui egli abbia interagito con le vicende societarie.
Occorre appurare in concreto se egli abbia preso parte alla gestione della società, o abbia  svolto delle attività o, ancora, abbia percepito i frutti delle attività illecite messe in essere.

Dice la cassazione che "non può farsi a meno di distinguere tra la condizione di chi, dietro compenso, si presti a fare da parafulmine rispetto a gestori di fatto del tutto estranei (la cosiddetta “testa di legno”) e chi, per motivi affettivi o morali, si presti ad assumere la carica di amministratore al fine di consentire lo svolgimento di un'attività imprenditoriale a soggetti che, altrimenti, ne sarebbero impediti. (…) un'indagine specifica sull'atteggiamento psicologico dell'amministratore di diritto serve ad evitare automatismi sanzionatori contrastanti, per quanto si è detto, col principio della responsabilità penale personale."

Il vero soggetto qualificato (e responsabile) non è il prestanome ma colui il quale effettivamente gestisce la società perché solo lui è in condizione di compiere l’azione dovuta (la presentazione della dichiarazione) mentre l’estraneo è il prestanome” (Cassazione n. 35158 dicembre 2020).
Dunque emerge con estrema chiarezza che, in modo univoco, la giurisprudenza di legittimità afferma l’indispensabilità di trascendere dal dato meramente formale – la qualifica di amministratore di diritto o di prestanome -, ma afferma la necessità di indagare in concreto il dato fattuale della gestione sociale, vale a dire la realistica condotta che deve prevalere sugli aspetti di strutture societarie formali.

Partendo da questo presupposto quindi la Suprema Corte ritiene che il vero soggetto qualificato e responsabile non è il prestanome, ma colui il quale effettivamente gestisce la società perché solo lui è in condizione di compiere l’azione dovuta, mentre l’estraneo è il prestanome.
A quest’ultimo ( al Prestanome) una corresponsabilità può essere imputata solo in base alla posizione di garanzia di cui all’art. 2392 c.c., in forza della quale l’amministratore deve conservare il patrimonio sociale ed impedire che si verifichino danni per la società e per i terzi, ritornando così a collegare la responsabilità dell’amministratore di diritto (prestanome) al dolo eventuale.

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