Articolo 572 cp Maltrattamenti contro familiari e conviventi
a cura di Giacomo Scortichini
Maltrattamenti contro chi dovremmo amare
Articolo 572 c.p.: Chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Il concetto di “Famiglia” negli anni è molto cambiato assumendo una connotazione molto più estensiva rispetto a quella storicamente strutturata intorno ai soli consanguinei.
Per cui il “Chiunque” assume una indeterminatezza, che per quanto circoscritta, è rilevabile più per fatti concludenti che per ufficiali qualificazioni.
Quindi oltre ai familiari in senso stretto possono assurgere a “facenti parte della famiglia” non solo i soggetti tradizionalmente riconosciuti come tali, ma anche i conviventi a qualsiasi titolo.
I “Maltrattamenti” sono atti vessatori reiterati e protratti nel tempo, possiamo dunque riferirci più che a delle azioni ad un atteggiamento antigiuridico, tale da essere pregiudizievole per l’integrità psico-fisica della vittima.
Per quanto riguarda il delicato tema dei “Minori” bisogna aggiungere che è particolarmente sgradevole e pregiudizievole all’integrità emotiva, far vivere i minori in un clima familiare privo della minima serenità.
Per questo, la Corte Suprema ha inteso estendere il bene giuridico tutelato non solo alla vittima dei maltrattamenti ma anche a tutti coloro che possono subire un pregiudizio psico-fisico nell’essere costretti a vivere in un ambiente violento.
Appare in tutta evidenza che il concetto di “ Maltrattamenti” può realizzarsi alla sola condizione che esista nel reo una volontà una coscienza di abbracciare una serie di singoli reati che vanno congiuntamente ad agire sulla vittima( ingiuria, minaccia, percosse).
Reato Procedibile d’ufficio, una volta assunta conoscenza dell’accaduto ( solitamente a mezzo denuncia).
Il dolo generico costituisce la condizione psicologica dell’agente.
Laddove il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità o se il fatto è commesso con armi; se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da 4 a 9 anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da 7 a 15 anni; se ne deriva la morte, la reclusione da 12 a 24 anni.
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