Pignoramento prima casa, come evitarlo.
a cura di Giacomo Scortichini

Pignoramento prima casa, non è sempre possibile.
Quando un debitore non riesce più ad onorare i suoi impegni è possibile che il creditore avvii una procedura di espropriazione forzosa che solitamente coincide con il pignoramento, cioè lo spossessamento della casa, per poi cercare di rientrare di quanto vantato attraverso la vendita dell'immobile.
Tutti possono promuovere la procedura esecutiva al fine di ottenere un “titolo esecutivo” vale a dire una sentenza, un decreto ingiuntivo definitivo, o qualunque altro strumento a garanzia del debito.
Esiste una leggenda metropolitana che racconta di una “impignorabilità” della prima prima casa; niente di più falso, nel debito di natura privata la prima casa è sempre pignorabile.
Un’altra “ non verità” attiene al fatto che debba esistere una correlazione tra quantità del debito e pignorabilità della casa.
Non è vero, la prima casa è pignorabile indipendentemente dalla misura del credito vantato.
Il pignoramento della prima casa, al pari del “giustiziere della notte”, non conosce pietà; ad esempio una banca, come qualsiasi altro ente privato o persona fisica, può attivare l’espropriazione forzata su istanza del creditore e a nulla vale se al suo interno risiede stabilmente un minore o una persona invalida, o se i debitori sono persone in gravi ed evidenti difficoltà economiche.
Se il debitore è l’Agenzia delle Entrate, bisogna innanzi tutto precisare che il significato di prima casa muta; infatti in questo caso la prima casa non è l’abitazione principale, dove risiede il debitore ed i suoi familiari.
Per il fisco la “prima casa” è l’unico immobile di proprietà, vale a dire che qualora se ne possieda più di uno l’Agenzia delle Entrate può pignorare anche la prima casa a patto che:
- Il debito con il fisco superi l’importo di 120.000 euro
- Il valore degli importi di proprietà sia superiore a 120.000 euro
- Prima di agire con la misura esecutiva si dia al debitore la possibilità di rateizzare
Se coesistono le seguenti condizioni l’immobile non pignorabile:
- Unico immobile di proprietà
- Non appartenente alle categorie di lusso
- Residenza anagrafica del debitore
- Accatastato come abitazione civile
Nel caso in cui l’immobile sia cointestato il debitore è comunque obbligato a restituire al cointestatario il 50% del suo valore.
Il pignoramento può essere evitato attraverso un accordo transattivo con il creditore, accordo che va concluso e ratificato perché la sola trattativa non sospende l’atto esecutivo.
Nel caso il debito sia posto a garanzia di un mutuo è bene ricordare che la procedibilità al pignoramento può avvenire dopo 18 mesi di non pagamento dei ratei, invece dopo 6 mesi si attivano gli interessi di mora.
Mai cessare il pagamento dei ratei senza darne dovuta comunicazione al creditore, anche nel caso si abbia intenzione di muovere legalmente contro gli istituti di credito e società finanziarie, i motivi sono:
- Nel caso di un eventuale contenzioso futuro, magari per usura o anatocismo, in attesa della sentenza l’espropriazione potrebbe comunque avvenire.
Inoltre il giudice potrebbe ritenere che il ricorso a giudizio sia motivato da una volontà di non onorare gli impegni economici assunti.
Infine essere iscritti al CRIF (Centrale Rischi d’Intermediazione Finanziaria) come “cattivi pagatori” non è certo un buon viatico per il vostro futuro professionale.
- E’ possibile, previo consenso del creditore, vendere la casa pignorata per sanare la situazione debitoria e dunque evitare la vendita all’asta che risulterebbe penalizzante sia per il creditore che per il debitore.
Avverrebbe attraverso una sottoscrizione di atto pubblico notarile nel quale il debitore si assume l’impegno a saldare il debito con quanto ricavato dalla vendita.
In questo caso dovremmo prima definire con il creditore l’entità del saldo e tralcio, poi procedere alla richiesta di autorizzazione e dopo ancora alla vendita.
- E’ data la possibilità, al debitore/consumatore, la cui abitazione principale sia sottoposta a pignoramento promosso dalla banca creditrice (o da un intermediario finanziario ex art. 106 D.Lgs. n. 385/1993 o, ancora, da una società per i crediti di cui all’art. 3, L. n. 130/1999) di formulare una richiesta di rinegoziazione del mutuo in essere ovvero di finanziamento finalizzato all’estinzione del detto mutuo, con surroga nell’ipoteca esistente e con eventuale garanzia del Fondo di Garanzia per la prima casa (art. 1, comma 48 lett. c,L. n. 147/2013) e esdebitazione (L. n. 3/2012) per il debito residuo tramite richiesta al Giudice dell’esecuzione.
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