Danno medico e linee guida
a cura di Giacomo Scortichini
Niente danno medico senza motivazioni specifiche.
La Cassazione n. 34629 del 2021, fa riferimento ad una azione legale intentata nei confronti di due medici che, secondo l’accusa, avrebbero provocato la morte di un paziente sottoposto ad intervento chirurgico nel corso del quale aveva subito, sempre ad evidenza dell’accusa, una notevole emorragia di sangue; inoltre i ricorrenti lamentavano che un intervento chirurgico di siffatta complessità non sarebbe dovuto avvenire all’interno di una struttura ospedaliera priva del reparto di rianimazione e senza aver ricevuto l’espresso consenso del paziente ad operare.
Vi è da premettere che per i due medici coinvolti era già scattata la prescrizione, in ogni caso la Cassazione afferma qualcosa di molto rilevante: “trascurato di indicare a quali linee-guida o, in mancanza, a quali buone pratiche clinico-assistenziali si ispirava la descrizione del comportamento doveroso e di valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri in relazione al concreto rischio che si sarebbe dovuto evitare”, nonché in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali.
La sentenza impugnata, pertanto, risultava viziata da carenza di motivazione.
E’ bene chiarire che in uno sforzo di codificazione dell’agire medico, cioè nel voler creare una sorta di oggettivazione, si aprono non poche problematiche.
Il Professor Carlo Scorretti Direttore, di Scuola di Specializzazione in Medicina Legale di Trieste e Udine, nel convegno sulle “linee guida afferma : In realtà le “linee guida”, come o più di altri strumenti atti a descrivere la medicina e a codificarla, soggiacciono, anche nella loro formulazione, alla visione ed all’obbiettivo precostituito del loro compilatore, potendosi avere codificazione di prassi operative per molteplici fini: terapeutici, economici, organizzativi, ecc..; nonché però dipendono anche dal “peso” che il compilatore attribuisce ai trattamenti o ai vari esperimenti che esamina.
D’altro canto il mondo della medicina racchiude in sé vari sistemi interagenti, in ognuno dei quali le idee di “linea guida” o di “buona prassi” hanno una speciale declinazione e si presume abbiano una propria ragione.
Nei sistemi “curante/malato”, “organizzazione/medico/paziente”, “sanità/società”, sono coniugate, a volte non armonicamente e non con piena efficacia, molteplici esigenze: da quelle relative alla prioritaria necessità di una pratica medica efficace o all’identificazione della eventuale colpa del professionista propria del rapporto specifico e personale tra curante e chi è curato, a quelle invece organizzative e gestionali, con necessità di ordine economico, di disposizione delle risorse o di identificazione delle priorità, che LINEE GUIDA E BUONE PRATICHE perseguono.
In un contesto così articolato, quindi, le “linee guida”, soprattutto ora che sono state introdotte dalle recenti evoluzioni normative in tema di responsabilità professionale medica, devono essere considerate e commentate tenendo presenti necessariamente i differenti ambiti di applicazione e i differenti sistemi di interazione.
Tanto più che l’uso proposto dalle nuove normative appare esplicitamente finalizzato a ridurre il rischio clinico ed a contrastare la c.d. “medicina difensiva”, dimenticando che l’adozione delle “linee guida” non era dovuta a simili motivazioni, quanto piuttosto a più fattori, ma soprattutto alla necessità di applicare nella pratica clinica le evidenze scientifiche ottenute da studi standardizzati.
Dunque nel danno medico le “linee guida” potrebbero non sempre raccomandare un agire ineccepibile, nell’assunto che la cura del malato sia l’elemento che ne determina la loro realizzazione.
Scegliere chi curare, in una pressione ospedaliera eccessiva, o la mancanza di adeguati investimenti nella sanità, possono rappresentare quell’adattamento che non persegue un fine ideale ma solo possibile.
Possiamo concludere affermando che la Cassazione non poteva meglio interpretare ciò che gli è concesso di giudicare, il punto da approfondire è rappresentato dalla efficacia delle “linee guida”, comprendere se e in quale misura siano l’ideale rappresentazione costituzionale del diritto alla salute.
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