Danno da omissione di diagnosi

a cura di Giacomo Scortichini

Sono risarcibili i danni da omissione medica.

La Cassazione sancisce la colpa del medico in caso di diagnosi non tempestiva o omessa.
Anche in ambito medico si instaura un rapporto obbligatorio costituitosi tra le parti o per loro volontà o per determinazione della legge, da questo derivano alcuni effetti così riassumibili: adempimento, dunque estinzione dell’obbligo, inadempimento dell'obbligo, mancato utilizzo della “diligenza del buon padre di famiglia”, nessuna estinzione dell’obbligo.
Il diritto alla salute, tutelato dalla nostra Costituzione, è forse la maggiore garanzia che possa essere offerta ad ogni essere umano; per cui la condotta omissiva del sanitario è sicuramente meritevole di risarcimento.

La diagnosi non tempestiva o omessa configura certamente un inadempimento obbligatorio che, nel caso di specie, produce un danno, più o meno grave, all’integrità psicofisica del paziente.

La Cassazione si è frequentemente espressa in merito alla condotta di ritardata o omessa diagnosi e ha evidenziato come tale condizione ponga il paziente nella condizione non solo di non poter scegliere come affrontare questo difficile momento, ma neanche di programmare il suo “essere persona” e, quindi, di ottimizzare le sue attitudini psicofisiche in vista di ciò che dovrà affrontare.

Questa assoluta indeterminatezza del proprio stato di salute pone il paziente in uno stato psicofisico estremamente sofferente proprio per lo stato di incertezza e di angosciante attesa.
La qualità della vita del Paziente risulta estremamente compromessa proprio a cagione del danno subito che è rinvenibile nella negazione del diritto all’autodeterminazione umana.
Sottrarre il soggetto da questa consapevolezza significa porlo in un perenne stato di angoscia in cui ogni possibile decisione potrebbe essere inopportuna.
La Cassazione n. 5315 del 2020 ha stabilito che “ ogni contegno colposo che intervenga sul tempo necessario alla guarigione , senza in alcun modo aggravare lo stato morboso del paziente, assume rilievo penale.
Il concetto viene ribadito con una precedente sentenza della Cassazione la n. 5641 del 2018 dove si afferma che anche se “ la condotta colpevole del sanitario che non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sull’esito finale, rilevando di converso, «in pejus», sulla sola e diversa qualità ed organizzazione della vita del paziente“, si è in presenza di un “evento di danno” e di un “danno risarcibile”, rappresentato da una diversa e peggiore qualità della vita”.

Pertanto in termini di risarcibilità dobbiamo parlare di:

Danno biologico-Fisico. Non sussistendo la diagnosi viene meno la possibilità di valutare l’eventuale danno, in quanto solo la definizione della patologia e delle sue cause può far comprendere quale possa essere stato il pregiudizio creato al paziente dalla omissione medica visto che nessuna terapia è stata attivata, proprio in ragione della mancanza di diagnosi.

Danno psicologico-Psichico. In questo ambito va ricompresa la compromissione delle attività realizzatrici della persona umana. Gli stati di ansia, associati alla depressione esogena, resa endogena dall’interminabile attesa, all’esito dell’evento si devono aggiungere un peggioramento della vita emotiva del Paziente.

Danno morale. Il peggioramento della sofferenza psichica, accompagnato dalla perdurante incertezza sulle cause del malessere, nonché alla consapevolezza dei ripetuti ricoveri e analisi che non hanno prodotto nessun esito, pongono il Paziente in uno stato di grave prostrazione e turbamento con conseguente esclusione da una vita relazionale e sociale.

Per quanto attiene la natura del danno è bene precisare che la Cassazione si espressa circa l’autonomia della fattispecie, con particolare riguardo alla perdita di chance.
Con sentenza n.5641 del 2018 ci si trova alla presenza di un danno che trova la sua rappresentazione nella “peggiore qualità della vita”; dunque il danno non è da proiettare in un futuro, in una ipotesi di accadimento.
Il danno è evidente ed attuale, ciò che resta da comprendere è quali compromissioni biologiche questa inerzia medica avrà prodotto, o potrà produrre, una volta definita la diagnosi.

Dunque una ragionevole e tempestiva diagnosi, non solo può far esercitare la propria autodeterminazione al Paziente, ma ragionevolmente evitare i danni di natura psicofisica derivanti da una qualsia possibilità di intraprendere un percorso di cura, perdurare in uno stato patologico che potrebbe anche peggiorare proprio in virtù di questa inerzia, condizionare l’esistenza, non adempiere contrattualmente all’impegno assunto.

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