Atti compiuti da persona incapace di intendere e di volere
a cura di Giacomo Scortichini
Contratto sottoscritto da incapace è annullabile.
L’articolo 428 del codice civile statuisce che “ Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta , si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere e di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore.
L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto. Resta salva ogni diversa disposizione di legge”
Il fatto che l’articolo faccia riferimento alla locuzione “ sebbene non interdetta ” e alla “transitorietà” della incapacità di intendere e di volere, sta a significare che non è necessario che l’incapacità sia strutturale, irreversibile, bensì determinabile nel tempo del compimento degli atti.
Dunque il negozio giuridico, che è avvenuto prima della interdizione del soggetto, è passibile di annullamento dove all’atto della sottoscrizione il soggetto si sia trovato nella condizioni di un “io cosciente” labile tale da ridurre la sua capacità valutativa e che di questo stato di fragilità l’altro contraente possedeva coscienza ed abbia, in malafede, agito al fine di ottenere un ingiusto profitto.
L’ingiusto profitto emerge dalla sproporzione delle prestazioni corrispettive, tanto da far dedurre una ridotta volontà cosciente di un soggetto e la consapevolezza e la volontà di voler approfittare di questa condizione di debolezza dall’altra.
Dobbiamo infine precisare che la norma parla di “annullabilità” e non di “nullità”.
Il contratto si determina “nullo” quando non si sono realizzati anche uno dei seguenti requisiti:
Accordo, causa, oggetto, forma.
Bisognerebbe domandarsi o indagare su quali basi si possa divenire ad un “accordo” visto che il consenso prestato dall’incapace non può avere una valenza contrattuale.
Se è nella sproporzione contrattuale che emerge la malafede del terzo contraente, significa che il consenso non stato dato bensì “sottratto” e dunque essendo il consenso ontologicamente cosciente se viene a decadere la coscienza decade il consenso e dunque l’accordo.
Forse, in punta di diritto dovremo riferirci ad un negozio giuridico nullo e non annullabile.
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